Mingalaba Burma

Yangoon – 02/11/2012

Come previsto l’arrivo a Yangoon da Bangkok con il volo Air Asia  è stato tranquillissimo. Quello che invece non mi aspettavo era di trovare i prezzi delle stanze completamente differenti da quelli indicati sulla Lonely planet. Ad esempio l’albergo che avevo scelto (May fair Inn) e che sulla guida era riportato con un range che poteva variare dai 7,50 $ ai 15 $, in realtà costava 25 $; cifra che non avevo assolutamente voglia di spendere… a quel punto sono andato alla ricerca di un altro albergo (l’Haven inn) che, però, non trovato neanche sfruttando l’aiuto dei locali. Sconfortato ho mangiato   qualcosa nel primo ristorante cinese che mi è capitato a tiro ed a stomaco pieno, lasciando perdere la guida, sono riuscito a trovare un posto – alcuni direbbero anche bettola – adatto alle mie tasche:il Garden Guest House di fronte alla Sule Paya. Ora non lasciatevi ingannare dal nome perché il garden non esiste, o almeno io non l’ho ancora visto, e di guest house non ha nulla, ma i 10 $ a notte con bagno in camera sono sicuramente un buon compromesso, senza tener conto, poi,  che mentre scrivo questo post sto ammirando la pagoda illuminata dalla finestra della sala della colazione.

Quello che rimaneva del pomeriggio l’ho passato all’interno della Sule Paya, un tempio che si trova al centro della rotatoria più importante della città. E’ come se a Roma mettessero una chiesa nel bel mezzo di piazza Venezia con tutto il traffico quotidiano che le gira  intorno. In realtà la cosa bella è che all’interno del tempio non si sente alcun rumore (se escludiamo quello delle campane fatte suonare dai fedeli), e tutti sono assorti nelle loro preghiere…compresi quelli che dormono sdraiati in ogni angolo.  Io sono rimasto impressionato dalla lucentezza e dalla quantità di oro utilizzato per ricoprire lo zedi centrale. Anche per questo tempio abbiamo una storia legata ai capelli di Budda (questa cosa dei capelli ritornerà nei prossimi giorni), tanto che il nome dello stupa centrale è proprio:” lo stupa in cui è custodita le reliquia del sacro capello”.

In serata ho fatto un bel giro per le strade limitrofe al tempio piene di  bancarelle con qualsiasi tipo di merce in vendita ed ho capito subito che quando la guida consigliava di portare una torcia aveva ragione da vendere perché le strade a Yangoon non sono affatto illuminate, ed i marciapiedi  sono ridotti in pessime condizioni tanto che ci si può imbattere senza alcun tipo di preavviso in delle vere e proprie voragini. Sicuramente è per questo motivo che le persone preferiscono camminare per strada, con il rischio di essere investiti dalle auto , piuttosto che sui marciapiedi.

Piccola parentesi sul cibo: per il momento ho mangiato solo due volte in questa città ed ogni volta ho avuto delle simpatiche “visioni”…se così possiamo chiamarle: a pranzo tra i miei noodles ho visto spuntare la testa di  un piccolo vermiciattolo, mentre a cena (stavolta avevo scelto un ristorante indiano) nel mio riso alle verdure ti trovo un simpatico ragnetto che il cameriere si era dimenticato di indicare tra gli ingredienti del piatto.. All’indiano do almeno l’attenuante che sicuramente il ragno non è stato cucinato ma si è calato dal soffitto….

Yngon - Sule Paya

Yangoon 03/11/2012

Oggi ho praticamente passato l’intera giornata alla Shwedagon Paya l’equivalente della della basilica di San Pietro per i cristiani. E’ uno dei monumenti più famosi della Birmania ed ogni buddista dovrebbe venirci almeno una volta nella vita. L’ingresso, costato 5 $, purtroppo è andato a finanziare il regime al potere, ma venire qui senza vedere questa meraviglia sarebbe stato veramente un peccato…. posso solo dire di aver sfruttato al massimo il prezzo del biglietto perché, permettendo più ingressi durante la giornata, sono ritornato in serata per degli scatti in notturna. Non avevo considerato, però, che da una certa ora in poi non passavano più gli autobus, quindi, il ritorno me lo sono fatto a piedi..e non era poco… fortunatamente la strada era tutta in discesa!!! Se ieri ero rimasto affascinato dall’oro oggi non ho parole (non che il mio vocabolario sia poi così ricco)  per descrivere questo sito. Sono arrivato per le 08:30 ed il sole, già forte, rendeva l’oro dello stupa ancora più brillante. Kipling la descriveva come:”un mistero dorato […] una splendida e luccicante meraviglia che ardeva nel sole, una fattezza che non era né delle tipiche cupole mussulmane, né dei pennacchi dei tempi hinduisti”, ed aveva perfettamente ragione. Anche intorno alla Shwedagon Paya, come anticipavo ieri, c’è una storia che riguarda i capelli di Budda, che dall’India sarebbero arrivati al re Okkalapa grazie a due fratelli mercanti che avevano assistito all’illuminazione di Gautama dopo 49 giorni di meditazione… complicato??? Beh l’importante è sapere che come vi muovete in Birmania ci sono i capelli di Budda di mezzo, e che non solo i cristiani credono a delle storie assurde. Grazie ad un consiglio di un’anziana signora che mi aveva sentito chiedere la strada per la Shwedagon Paya sono arrivato al sito  con un  autobus scoprendo, a mie spese,  che oltre ad avere tutte le caratteristiche degli autobus indiani (sempre stracolmi, con una guida allegra, e con il bigliettaio che urla in continuazione la prossima fermata – del tutto inutile per me – invitando chi deve scendere a sbrigarsi e chi deve salire a pagare), ne ha una in più tutta sua: è più piccolo e sopratutto più basso. Credo che gli autobus in circolazione  siano stati importati dalla Cina e quindi le dimensioni sono quelle lì. Praticamente in piedi dovevo piegare la testa altrimenti toccavo il tetto. Ovviamente non potevo guardare fuori per capire qual era la mia fermata perché i finestrini  erano troppo bassi…

Per quanto riguarda il cibo non ho fatto altri  incontri strani… o potrei averli fatti e non essermene accorto… cosa molto probabile perché ho provato per la prima volta la cena in uno dei chioschi all’aperto… anche in questo caso  la sedia su cui mi sono seduto era talmente bassa che somigliava ad una di quelle sedie che in Italia  usiamo per i bambini…e non sto scherzando…Ieri, però, mi era sfuggita una cosa: finora in tutti i locali dove ho mangiato al posto dei tovaglioli mi hanno sempre portato una contenitore di plastica dal quale fuoriesce la carta igienica.. quindi mi sbagliavo quando credevo che il rotolo  che mi hanno consegnato in albergo servisse ad altro…. domani proverò ad usarlo per la prima colazione…..so’ proprio strani sti’ birmani…..

Oggi primo acquazzone bello forte di almeno 1 ora… fortunatamente mi trovavo nel mio splendido albergo!!!

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Alcuni consigli da Paulo Coelho

1) Evita i musei. I musei sono importanti, ma quando ci si trova in una città straniera è più interessante scoprire il presente che andare a caccia del passato.

2) Vai nei bar. Sono i posti dove la vita delle città si manifesta, dove la gente va a prendere il caffè, a parlare del tempo e a discutere con gli amici.

3) Cerca di essere aperto. La guida migliore è qualcuno del posto, che conosce bene la sua città, ne è orgoglioso, e non lavora per un’agenzia di viaggi.

4) Cerca di viaggiare da solo o con il tuo partner. Evita i tour organizzati.

5) Non fare confronti. Prezzi, igiene, mezzi di trasporto: non confrontare niente. Non viaggi per dimostrare a qualcuno che la tua vita è migliore di quella degli altri.

6) Tutti ti capiscono. Anche se non parli la lingua del posto, non aver paura.

7) Non comprare troppo. Spendi i tuoi soldi per cose che non devono essere trasportate: biglietti per uno spettacolo, ristoranti, spostamenti.

8) Non cercare di vedere il mondo in un mese. E’ meglio restare in una città per cinque giorni che visitare cinque città in una settimana.

9) Un viaggio è un’avventura. Henri Miller diceva che è più importante scoprire una chiesa di cui nessuno ha mai sentito parlare che sentirsi obbligati a visitare la Cappella Sistina con altre duecentomila persone.

Paulo Coelho

 

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Nepi – Palio Del Saracino 2012

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Perché Salerno??

Il proprietario del b&b che ci è venuto a prendere con la macchina alla stazione del treno, nel breve tragitto che ci separava dall’appartamento, non ha fatto altro che ripeterci che Salerno è una città tranquilla e che non ci sarebbe successo nulla anche se avessimo visitato i vicoli più bui del centro. Ma perché, dovevamo forse avere paura di qualcosa??? A questa presentazione, poi,  vanno aggiunte le facce sgomente dei nostri amici che non capivano la scelta di Salerno per un week end… e perché no? Il centro storico  effettivamente è piccolo e lo si gira tutto in un pomeriggio.  Noi, però, appena lasciati i bagagli ci siamo buttati subito sul lungomare per una lunga passeggiata alla ricerca di qualcosa di fritto da mangiare.. ed ovviamente l’abbiamo trovato senza fare troppa fatica.   Come dicevo il centro storico non è molto grande e le cose più interessanti sono sicuramente la cattedrale, la pinacoteca provinciale, qualche chiesetta sparsa qua e là ed ovviamente i vicoli. Vicoli che di notte si trasformano per la famosa movida salernitana… una folla immensa in giro fino a tardi tra pub, ristoranti ed enoteche. Per un momento abbiamo creduto di trovarmi a Barcellona!! Salerno inoltre è ideale per chi vuole visitare la costiera Amalfitana perché, oltre agli autobus che si inerpicano per la strettissima strada della costiera, ci sono anche dei servizi marittimi che collegano Amalfi ( circa 30 minuti – 7,00 € a corsa) e Positano.

Per il soggiorno abbiamo scelto il b&b “degli amalfitani” (http://www.bbdegliamalfitani.it/). Non lasciatevi ingannare dal sito che non rende affatto onore alla struttura. L’ingresso è molto accogliente e le camere sono spaziose curate nei piccoli dettagli e pulite. L’appartamento, poi, si trova proprio nel centro storico della città nel bel mezzo della movida notturna… anche se le stanze non risentono, rumorosamente parlando, del caos esterno perché la struttura si trova in un vicolo secondario.

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Il mio primo Natale di Roma…. 2765 anni

Quest’anno, armato di macchinetta fotografica, ho partecipato per la prima volta ai festeggiamenti del natale di Roma. Ho cominciato il mio giro dal Circo Massimo ed uscendo dalla metro  si intravedevano già delle persone vestite come gli antichi romani: gonnellino, sandali, armature varie e strane acconciature. Man mano che mi  avvicinavo al centro dell’ippodromo le persone vestite con abiti moderni diminuivano per lasciare libero sfogo agli abiti storici…in quel contesto sembravo l’unico fuori posto. Se non fosse stato per gli autobus che si vedevano dalle strade limitrofe e che ci riportavano ai giorni nostri si aveva l’impressione  di essere stati catapultati indietro di duemila anni. La parte più interessante dell’evento, fotograficamente parlando, è  stata sicuramente quella  dei preparativi perché ho avuto modo di avvicinare i figuranti, di fotografarli e di scambiarci quattro parole scoprendo un mondo a me del tutto sconosciuto. Ho capito che per queste persone l’evento non è semplicemente la sfilata, ma tutto l’impegno che dedicano allo studio degli abiti ed alla loro preparazione.

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Street art a Saragozza

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Saragozza

“”Il risultato della fotografia dev’essere lo stesso della narrazione scritta…. Il fotografo dubita sempre: quale angolo prendere, quale diaframma, quale velocità scegliere… ma non deve mai dubitare al momento di scattare la foto”

                                                                                                  Català-Roca 

La città di Saragozza ci ha accolto con due bellissime mostre fotografiche ed onestamente non potevamo aspettarci niente di meglio. La prima, di Rafael Lopez Barrios (presso la Fundacion cai – http://www.joaquinroncal.org/), ci ha trasportati, con i suoi scatti rigorosamente in bianco e nero,  sulle rive del Gange alla scoperta del rapporto che unisce gli Indù a questo fiume sacro. La seconda mostra, invece, era interamente dedicata a quello che viene spesso definito il “Cartier-Bresson spagnolo” ossia Català-Roca che con delle fotografie di rara bellezza è riuscito nell’intento di  farci rivivere  l’atmosfera che si respirava in Spagna nel periodo che va del dopoguerra fino al boom economico degli anni 60. Quella raccontata da Català-Roca è una Spagna povera, ma allo stesso tempo vivace, instancabile e con una gran voglia di vivere. Una sala dell’esposizione è  interamente dedicata alle foto scattate in onore  della corrida organizzata da Luis Miguel per far colpo su Lucia Bosé…. fanatastiche

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Un omaggio al popolo siriano

In Siria ricorre in questi giorni il triste anniversario del “massacro di Hama“. Nel febbraio del 1982 la popolazione di Hama, per la maggior parte sunnita, considerando il presidente  Hafis al-Asad “non mussulmano” per alcune riforme laiche dello stato (vedi la proposta del regime che cancellava dalla costituzione l’articolo che esigeva l’appartenenza alla fede islamica per la carica presidenziale) e soprattutto per l’appoggio dato alla Russia nell’occupazione dell’Afganistan, decise di insorgere contro il regime. Così il 02 febbraio gli oppositori, guidati da 150 ufficiali, dichiararono Hama “città libera” invitando la popolazione a ribellarsi all’infedele. La risposta del regime fu un pesante bombardamento che durò 27 giorni seguito da numerose torture ed esecuzioni di massa dei ribelli. Si stima che in quei giorni vennero uccise più di 20000 persone. Oggi, purtroppo, in quella stessa zona del paese la situazione non sembra essere molto diversa. Quotidianamente leggiamo sui giornali che il presidente Bashar al-Assad autorizza bombardamenti contro le roccaforti dei dissidenti e la politica sembra essersi impantanata in una serie di veti incrociati. Mosca e Pechino continuano a bloccare la risoluzione delle Nazioni Unite che appoggiava la proposta della Lega Araba di chiedere le dimissioni del presidente…. ed intanto in Siria si continua a soffrire. E’ di oggi la notizia che alcuni blogger ed alcuni giornalisti sono stati arrestati insieme all’attivista per i diritti umani Darwish.

Thomas L. Friedmann, uno dei pochi giornalisti che hanno visitato Hama dopo il massacro del 1982, in un suo editoriale parla di una vera e propria “regola di Hama” secondo la quale il regime sarebbe autorizzato ad utilizzare qualsiasi mezzo pur di soffocare la rivolta. Questa regola evidentemente si è tramandata di padre in figlio anche se per Bashar oggi è molto più difficile compiere un massacro di quelle dimensioni perché le nuove tecnologie permetterebbero subito la visione di quelle immagini a tutto il mondo e quindi assistiamo,  sempre secondo il giornalista, ad un “slow motion Hama” con dei piccoli massacri quotidiani nella speranza che il mondo non si accorga di quello che sta accadendo.

Voglio dedicare questo post proprio al popolo siriano che mi ha accolto con un calore che non mi aspettavo durante un viaggio che ormai risale al 2009. Negli ultimi mesi mi sono ritrovato spesso a guardare incredulo questi volti e queste foto (alcune scattate proprio tra Hama ed Homs)  con la speranza che anche in Siria arrivi presto la primavera.

 

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La nuova stazione Tiburtina

Inaugurata velocemente per farla rientrare tra le opere del 150° anniversario dell’Unità d’Italia – e non poteva essere diversamente visto che è intitolata a Cavour – oggi la Stazione Tiburtina sembra ancora una cattedrale nel deserto. A due mesi dall’inaugurazione si vedono pochissimi treni ad alta velocità, pochissimi negozi (anzi ad essere sinceri nella galleria non ce n’è neanche uno), ma soprattutto pochissimi passeggeri. I pendolari, che ringraziano sempre Trenitalia per la puntualità  e la pulizia dei treni sui quali li fa viaggiare,  non hanno sicuramente abbastanza tempo da poter dedicare ad una visita turistica della galleria…. salvo scoprire poi, che il loro treno magari salta la corsa e sono costretti ad  attendere il prossimo in piedi perché questa futuristica stazione, al momento, non prevede panchine per l’attesa.. questo almeno per il binario dedicato al collegamento con  l’aeroporto. Diciamo che non poteva esserci biglietto di presentazione migliore. Ecco, ora che ci penso bene la nuova stazione sembra concepita proprio come un aeroporto, con le bolle che fanno da gate di accesso ai treni che, spero in un futuro non lontanissimo, ci porteranno in giro per l’Europa magari senza quel fastidioso logo TRENITALIA… (della serie… attendiamo con ansia le liberalizzazioni). La struttura, comunque, si lascia fotografare e probabilmente la presenza di pochissime persone ( per lo più curiosi) rende questo posto ancora più’ surreale.

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Gente di Istanbul

Questa galleria contiene 17 immagini.

 

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